Literarische Übersetzung


Meine literarische Übersetzung

Aus „Werke in einem Band“, Novalis (Carl Hanser Verlag)     Da “Opere in un Volume”, Novalis (Carl Hanser Editore)
Monolog

"Es ist eigentlich um das Sprechen und Schreiben eine närrische Sache; das rechte Gespräch ist ein bloßes Wortspiel. Der lächerliche Irrthum ist nur zu bewundern, daß die Leute meinen – sie sprächen um der Dinge willen. Gerade das Eigenthümliche der Sprache, daß sie sich blos um sich selbst bekümmert, weiß keiner. Darum ist sie ein so wunderbares und fruchtbares Geheimniß, – daß wenn einer blos spricht, um zu sprechen, er gerade die herrlichsten, originellsten Wahrheiten ausspricht. Will er aber von etwas Bestimmten sprechen, so läßt ihn die launige Sprache das lächerlichste und verkehrteste Zeug sagen. Daraus entsteht auch der Haß, den so manche ernsthafte Leute gegen die Sprache haben. Sie merken ihren Muthwillen, merken aber nicht, daß das verächtliche Schwatzen die unendlich ernsthafte Seite der Sprache ist. Wenn man den Leuten nur begreiflich machen könnte, daß es mit der Sprache wie mit den mathematischen Formeln sei – Sie machen eine Welt für sich aus – Sie spielen nur mit sich selbst, drücken nichts als ihre wunderbare Natur aus, und eben darum sind sie so ausdrucksvoll – eben darum spiegelt sich in ihnen das seltsame Verhältnißpiel der Dinge. Nur durch ihre Freiheit sind sie Glieder der Natur und nur in ihren freien Bewegungen äußert sich die Weltseele und macht sie zu einem zarten Maßstab und Grundriß der Dinge. So ist es auch mit der Sprache – wer ein feines Gefühl ihrer Applicatur, ihres Takts, ihres musikalischen Geistes hat, wer in sich das zarte Wirken ihrer innern Natur vernimmt, und danach seine Zunge oder seine Hand bewegt, der wird ein Prophet sein, dagegen wer es wohl weiß, aber nicht Ohr und Sinn genug für sie hat, Wahrheiten wie diese schreiben, aber von der Sprache selbst zum Besten gehalten und von den Menschen, wie Kassandra von den Trojanern, verspottet werden wird. Wenn ich damit das Wesen und Amt der Poesie auf das deutlichste angegeben zu haben glaube, so weiß ich doch, daß es kein Mensch verstehen kann, und ich ganz was Albernes gesagt habe, weil ich es habe sagen wollen, und so keine Poesie zu Stande kommt. Wie, wenn ich aber reden müßte? und dieser Sprachtrieb zu sprechen das Kennzeichen der Eingebung der Sprache, der Wirksamkeit der Sprache in mir wäre? Und mein Wille nur auch alles wollte, was ich müßte, so könnte dies ja am Ende ohne mein Wissen und Glauben Poesie sein und ein Geheimnis der Sprache verständlich machen? Und so wär' ich ein berufener Schriftsteller, denn ein Schriftsteller ist wohl nur ein Sprachbegeisteter? –"






Wiedergabe des Originaltextes


 
    Monologo

In fondo, le cose intorno allo scrivere e al parlare sono stravaganze; la corretta conversazione è un semplice gioco di parole. Non possiamo che provare bonario stupore di fronte al ridicolo malinteso che induce la gente a credere di parlare per conto delle cose. Nessuno in realtà comprende che la lingua ha la particolarità di occuparsi solo di se stessa. Infatti, quale meraviglioso e fecondo mistero, essa fa sì che quando qualcuno parla semplicemente per il gusto di parlare riesce a esprimere le verità più splendide e originali. Quando invece vuole parlare di qualcosa in particolare, la lingua, lunatica, gli fa dire le cose più ridicole e distorte. Proprio da ciò deriva l’odio che tante persone serie nutrono nei confronti della lingua. Costoro ne percepiscono subito la malizia, ma non si accorgono che le spregevoli chiacchiere sono la parte più infinitamente seria della lingua. Se soltanto si potesse far capire alla gente che bisogna guardare alla lingua come alle formule matematiche, che costituiscono un mondo a sé, che giocano soltanto con se stesse, non esprimono altro che la propria meravigliosa natura e, proprio per questo, sono così piene d’espressione; proprio per questo, in esse si rispecchia il curioso gioco relazionale delle cose. Solo attraverso la loro libertà esse diventano parti della natura e soltanto nei loro liberi movimenti si palesa l’anima del mondo, che le trasforma in delicato metro di misura e in schema architettonico delle cose. Lo stesso discorso vale per la lingua – chi possiede il sottile senso della sua diteggiatura, della sua dimensione tattile e del suo spirito musicale, chi sente in sé l’azione delicata della sua natura intima e muove la propria lingua e la propria mano secondo i suoi principi è destinato a diventare un profeta; chi al contrario, pur conoscendo verità come queste, non ha abbastanza orecchio per la lingua e sensibilità linguistica per scriverle verrà gabbato dalla lingua stessa e sarà deriso dai suoi simili, come Cassandra fu derisa dai Troiani. A questo punto, io potrei anche credere di aver espresso nella maniera più chiara possibile la natura e la funzione della Poesia, ma so benissimo che nessuno riuscirebbe a capirmi; so anche di aver detto qualcosa di molto stupido (perché l’ho voluto dire) e che non è così che nasce la Poesia. Mettiamo invece che io non potessi fare a meno di parlare! e che questo impulso linguistico alla favella fosse la caratteristica dell’ispirazione linguistica e dell’agire della lingua dentro di me! e che anche la mia volontà volesse soltanto ciò che sarei obbligato a volere: allora potrebbe davvero succedere che alla fine io mi ritrovi, incredulo e a mia insaputa, di fronte alla Poesia e che un mistero linguistico venga svelato. Potrei dunque considerarmi, a questo punto, uno scrittore per vocazione, visto che uno scrittore altro non è che un entusiasta della lingua? –       

Übersetzung von M.C. di Pasqua



 
       












 
© M.C. di Pasqua 2012-16